Un militare ed un consigliere Comunale hanno sottratto file sulla cattura di Matteo Messina Denaro ed hanno contattato il fotografo: arrestati
C’erano un a volta un capo di Cosa Nostra, un politico, un poliziotto… e Fabrizio Corona! Quella che sembra l’inizio di una barzelletta, è in realtà una vicenda realmente accaduta a Mazara del Vallo e che ha portato alla luce una squallida realtà. Il politico, molto noto in città e il tutore dell’ordine, sono stati arrestati, perchè hanno cercato di vendere delle informazioni riservate riguardanti Matteo Messina Denaro.
Il destinatario dei file segreti sulle indagini della cattura del boss di Cosa Nostra, era Fabrizio Corona. A lui i due protagonisti della vicenda, hanno cercato di vendere alcuni documenti riservati. Si tratterebbe, secondo la ricostruzione dei Pm di 786 file riservati relativi alle indagini sulla cattura del padrino, arrestato dal Ros il 16 gennaio scorso. Il carabiniere si sarebbe introdotto illegalmente nel sistema informatico dell’Arma e poi avrebbe consegnato il materiale al politico. Quest’ultimo ha contattato Fabrizio Corona, cercando di vendergli tutti i file. Poi, su indicazione dello stesso fotografo si è rivolto a Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, proponendogli di acquistare il materiale.
Le due persone arrestate sono Luigi Pirollo militare dell’Arma dei Carabinieri , accusato di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio, e Giorgio Randazzo, politico siciliano, accusato invece di ricettazione. L’indagine è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. I carabinieri hanno perquisito la casa milanese di Fabrizio Corona, indagato per ricettazione nell’ambito dell’inchiesta a carico di un carabiniere e di un politico di Mazara del Vallo che hanno cercato di vendere al fotografo e a un giornalista materiale riservato sulla cattura del boss Matteo Messina Denaro acquisito illegalmente dal sistema informatico dell’Arma.
L’inchiesta è nata grazie alle intercettazioni disposte a carico di Fabrizio Corona. Il fotografo venne in possesso di una lunga serie di documenti che riguardavano il boss di Cosa Nostra, che utilizzava il nome di Andrea Bonafede: chat, foto, messaggi audio, tra Denaro e alcune pazienti conosciute in clinica durante la chemioterapia. Gli inquirenti hanno approfondito la vicenda, mettendo sotto controllo il cellulare del re dei paparazzi. In una conversazione del 2 maggio scorso, Corona fece riferimento a uno “scoop pazzesco” di cui era in possesso un consigliere comunale, poi identificato in Randazzo, grazie a non meglio specificati carabinieri che avevano perquisito i covi del capomafia e che volevano vendersi il materiale.
Nei giorni successi Corona ha più volte affermato di voler rivendere il materiale del quale era venuto in possesso, consigliando un incontro tra il politico, il militare e Pisto, direttore di una testata online. Il 25 maggio i tre si sono incontrati: quel giorno, grazie ad uno stratagemma, il direttore di Mow, riuscì a fare una copia dei documenti che gli erano stati mostrati. Visionatili e resosi conto della delicatezza del materiale si è rivolto ad un collega che gli ha consigliato di parlare con la polizia. Il giornalista si è quindi recato alla squadra Mobile di Palermo, ed ha raccontato i fatti.
Dal colloquio con Pirollo e Randazzo al modo in cui quest’ultimo ne è entrato in possesso: il carabiniere aveva infatti lasciato tracce del suo “ingresso” nel sistema informatico dell’Arma. Era uno dei due ufficiali che aveva accesso a quei dati, ai quali era riuscito ad arrivare dal server della Stazione di Campobello (l’altro carabiniere è risultato estraneo ai fatti). Continuando a indagare gli inquirenti hanno inoltre scoperto che il carabiniere aveva rapporti di frequentazione con il consigliere. Il tentativo di piazzare i file è stato così sventato e sono state chiarite a quel punto le parole di Corona intercettate a maggio.
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