L’incertezza nel futuro, le preoccupazioni per guerra e per il lavoro: ecco il pensiero dei giovani italiani. E il Covid ha lasciato brutte abitudini
In che mondo vivono gli adolescenti di oggi? Dove pensano di arrivare e quanto è cambiata la loro vita e il loro modo di pensare, dall’esplosione del Covid in poi? Lo studio realizzato da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD, con il supporto operativo di Mediatyche s.r.l., su un campione nazionale rappresentativo di 5670 studenti tra i 13 e i 19 anni, ci regala un spaccato più che veritiero dei sogni, obiettivi e delle speranze dei giovani italiani. I nostri ragazzi, secondo l’indagine nazionale, sono spaventati da un futuro incerto, con l’ombra di un degrado ambientale sempre più presente e preoccupati dall’insorgere di guerre e catastrofi naturali, indotte dagli uomini. I ragazzi faticano ad entrare in relazione con il modo che li circonda e spesso trovano rifugio nei social netwoork, diventati da una parte una sorta di valvola di sfogo, dall’altra un fattore destinato a creare una sempre maggiore dipendenza. I modelli da seguire infatti, sono ormai rappresentati da fashion blogger, influencer e Youtuber.
Il mondo dei giovani, secondo l’analisi effettuata, non vuole più sentire parlare di lezioni a distanza e sogna una scuola più digitale, sfruttando al massimo la tecnologia di cui oggi si dispone e, soprattutto, in grado di trattare in modo sistematico argomenti per loro di grande interesse (primi tra tutti educazione sessuale e sostenibilità ambientale). Per i giovani le principali forme di informazione sono Google, Instagram e Tik Tok, con buona pace dei giornali (cartacei e online) ed anche della televisione.
“Dopo gli anni del Covid ed un sostanziale ritorno alla normalità – spiega Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – il principale obiettivo dell’indagine di quest’anno era cercare di capire come gli adolescenti vedessero il futuro. Se le nubi portate dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, che avevano inciso molto sul loro “mood”, si stessero diradando. Purtroppo il pessimismo permane: il 52,4% vede il futuro incerto e preoccupante; permane quel diffuso senso di tristezza (che nelle ragazze sfiora l’80%) che non può essere derubricato a fenomeno normale per l’età; continua ad aumentare lo “schiacciamento” sui social, con modelli di riferimento pericolosamente individuati negli influencer di turno. La domanda che però dobbiamo porci – sottolinea Tucci – è se sia ragionevole attribuire le colpe al Covid, come spesso facciamo, o non sarebbe più responsabile, da parte di noi adulti, ammettere che questo malessere giovanile ha
radici molto più profonde, generate dal contesto sociale che NOI abbiamo costruito intorno a loro e che i due anni di pandemia hanno soltanto portato in maggiore evidenza”.
Uno degli obiettivi principali della ricerca, effettuata su un numero molto alto di adolescenti, era cercare di capire quanto la pandemia e il lockdown avessero modificato le loro abitudini e i loro obiettivi. “Se l’emergenza Covid sembra superata, gli adolescenti continuano a mostrare evidenti segni di disagio che ci preoccupano. La ricerca – afferma Paolo Paroni, Presidente di Rete ITER-Istituto IARD – è certamente uno strumento importantissimo per fotografare ed analizzare la situazione, ma trova effettivo compimento solo se si traduce in interventi e politiche finalizzati a garantire alle nuove generazioni un contesto sociale in cui vivere adeguato alle loro esigenze e ai loro obiettivi
futuri. Con questo obiettivo Rete ITER progetta e propone alle Istituzioni interventi concreti e misurabili a favore dei giovani
Se dal quadro generale emerge una generazione ricca di timori e incertezze è altrettanto vero che ” la variabile che più delle altre appare condizionante è il genere”, conferma Carlo Buzzi, sociologo dell’Università di Trento e Direttore scientifico dell’indagine. “Le ragazze, molto di più dei coetanei maschi, appaiono consistentemente più riflessive. Ciò si riverbera sul concetto di futuro personale che i maschi vedono con un ottimismo un po’ superficiale, mentre le femmine si dimostrano assai più preoccupate”, spiega. “Eppure nel contempo le ragazze appaiono più disponibili a mettersi in gioco. Lo si vede, ad esempio, con la loro maggiore propensione ad affrontare gli studi universitari e ipotizzare nel loro futuro un trasferimento all’estero. Dalle une, quindi, più ansia e insoddisfazione, ma anche maggiore maturità, dagli altri più spensieratezza ma anche una certa sottovalutazione del rischio.
Ma andiamo nel dettaglio e passiamo ai numeri. Secondo l’indagine. il 52,4% degli adolescenti vedono il loro futuro incerto e preoccupante. Le ragazze lo sono per il 58,6%. Solo il 47% degli intervistati si dichiara fiducioso e ottimista. “Un dato – sottolineano i responsabili del sondaggio – assolutamente allineato con quello registrato nell’indagine dello scorso anno quando la pandemia era ancora all’ordine del giorno e la guerra in Ucraina era appena iniziata”. A spaventare maggiormente è il degrado ambientale e le catastrofi naturali anche prodotte dai comportamenti umani (80%), mentre guerre ed epidemie (nonostante tutto) preoccupano meno (74 % e 61,7%). Un cambio di atteggiamento drastico considerando che solo lo scorso anno guerra e pandemia erano le preoccupazioni maggiori. Sul fronte opposto l’unica certezza positiva che il futuro sembrerebbe garantire è la cura delle malattie (90,8%).
“La memoria breve, anzi brevissima, è una delle caratteristiche che connota non solo gli adolescenti ma tutta la società odierna – commenta Fulvio Scaparro, psicologo dell’infanzia e dell’adolescenza e referente dell’area psicologica di Laboratorio Adolescenza – Una capacità sconcertante di voltare pagina e rimuovere il passato anche recentissimo o nemmeno passato (come la guerra in Ucraina, i femminicidi, la condizione dei migranti…). Se il futuro è ovviamente sempre un’incognita, la rimozione del passato, e quindi dell’esperienza vissuta, che sono le
fondamenta del futuro individuale e collettivo, non promette niente di buono”. Causa o effetto di questa visione certamente non ottimistica del futuro, il 64% (80,1% delle ragazze) si sente (spesso o qualche volta) triste. Per il 35% i momenti di tristezza sono aumentati rispetto al passato e per un ulteriore 15% sono diventati più altalenanti. In aumento anche, rispetto allo scorso anno, la percentuale di adolescenti che conosce coetanei (amici e/o
compagni) che compiono atti di autolesionismo (38,2% vs 31,8%).
Sul fronte della percezione del proprio corpo, il 40,3% (51% delle ragazze) non è soddisfatto del proprio aspetto fisico e l’insoddisfazione aumenta all’aumentare dell’età. Un dato sostanzialmente stabile nel tempo, ma cambia, rispetto al passato, il fatto che a “dettare le regole” per decidere se piacersi o meno sono gli amici (lo afferma il 47%), ma soprattutto influencer, fashion blogger, pubblicità, moda, che condizionano oltre il 72% dei giovanissimi. Un dato in continuo aumento e che fa riflettere. Ed è anche interessante osservare che, mentre tradizionalmente sono sempre state le ragazze a subire maggiormente l’effetto di giudizi e modelli esterni, ad influencer & C è sensibile anche un’ampia maggioranza di maschi (62%).
In un mondo sempre più caratterizzato dai social network, non potevano che essere Google, Tik Tok e i social a regalare ai giovani il numero maggiore di informazioni e di notizie. Solo il 3% degli adolescenti infatti utilizza i tradizionali giornali cartacei. Va un po’ meglio, ma neanche tanto, per i giornali online (20,7%), ma la rassegna stampa dei teenager è tutta Internet e social: Google, Instagram, TikTok e YouTube. Perde colpi anche la televisione, utilizzata dalla metà degli adolescenti. Lo “scrollare” sui social – che ovviamente propongono una selezione già orientata ai propri “gusti” – dà la news e poi, in caso interessi approfondire, c’è YouTube ma, innanzi tutto Google, considerato una sorta di “oracolo” e portatore della verità. Regala risposte a tutte le nostre domande, anche a quelle più difficili. Cresce in modo clamoroso Tik Tok, passato dal 28,7% di utilizzatori nel 2020 al 73,3%. Facebook è in clamoroso ritardo: lo utilizza solo il 17,5% (era il 65% nel 2014 e il 33,8% nel 2020).
Al contrario di Facebook, tutti gli altri social più importanti crescono, da Pinterest (specie tra le ragazze) a
Twitter, da Snapchat a Telegram: segno evidente che sta costantemente aumentando il tempo
dedicato a questi strumenti . L’unico social dal quale gli adolescenti restano comprensibilmente distanti è LinkedIn, mentre preoccupa l’incremento di OnlyFans (una sorta di TikTok senza censure) dove è possibile postare e vedere (a pagamento) contenuti ad esplicito riferimento sessuale. Lo frequenta abitualmente il 7,5% dei nostri teenagers (12,5% dei maschi), mentre nel 2020 la percentuale era sotto l’1%. “Non è vero che i ragazzi siano “disinformati” – afferma Riccardo Renzi, giornalista, direttore responsabile di Laboratorio Adolescenza Magazine –. In realtà, come gli adulti, non hanno mai avuto a disposizione, nella storia, così tante fonti informazione. È vero invece che vivono sempre più appiccicati agli smartphone, come del resto gli adulti. In realtà quindi non sono i ragazzi che sono cambiati, è il mondo dell’informazione attorno a loro che è cambiato. E in questo mondo nuovo hanno giustamente le loro preferenze, che la ricerca decisamente conferma: Google e i Social, con la TV relegata sempre di più all’intrattenimento e il declino che appare inarrestabile dei quotidiani tradizionali, anche online. Difficile comprendere gli sviluppi,
ma è con questo universo informativo che dobbiamo confrontarci, per tentare di contrastarne gli effetti
negativi.
I due anni contrassegnati dalla pandemia e dal lockdown hanno lasciato segni tangibili nella mente dei giovani, che non vogliono più sentir parlare di lezioni a distanza. La Dad è vissuta come una sorta di incubo dall’80,7 % dei giovani, che prediligono solo la scuola in presenza. Necessario però migliorare l’aspetto tecnologico e i metodi che internet può offrire. Se la didattica a distanza è morta e sepolta, nel cuore dei ragazzi, le tecnologie che durante quel periodo si sono sviluppate, devono essere sfruttate al meglio. Solo il 10% vorrebbe la scuola vecchio stile mentre l’8% la vorrebbe tutta “online”, ma utilizzando piattaforme e metodi più evoluti di quelli adottati in emergenza durante la pandemia Covid. E nell’ambito della scuola in presenza, se il 47% ancora preferisce la classe tradizionale (strutturata come è oggi), il 40% punta su classi ad “assetto variabile”: aule e insegnanti dedicati alle differenti discipline con compagni di classe di volta in volta diversi (sul modello statunitense. Così come l’86,6% vorrebbe – nelle scuole superiori – che il piano di studi potesse in parte essere personalizzato con alcune materie scelte dal singolo studente. Tra le
“materie” che gli studenti vorrebbero inserire in modo sistematico nel piano di studi ai primi posti, quasi a pari merito, compaiono “educazione sessuale” e “sostenibilità e protezione dell’ambiente”. Al terzo posto – ma al primo posto secondo le ragazze (84%) – “educazione al rispetto delle diversità (genere, etnia, religione…)”
Guardando al futuro, solo il 34% degli intervistati pensa di rimanere a vivere nella città attuale, mentre il 30% è convinto di spostarsi (la maggioranza prevede di andare a lavorare all’estero. Le ragazze in questo senso fanno parte della maggioranza. Nei rapporti personali, il 71,1% si vede in un rapporto stabile e di convivenza/matrimonio con figli, mentre il 10% (con stragrande maggioranza femminile) si immagina single. Dalla pandemia ereditiamo invece una cattiva abitudine: addormentarsi tardi, anche se il giorno dopo si deve andare a scuola. Elevatissima – rimasta sostanzialmente immutata dai tempi del Covid – la percentuale di chi afferma di fare fatica ad addormentarsi (71,9%). Dove i motivi principali di questa difficoltà vengono indicati nella preoccupazione per la scuola 60,7%; pensieri negativi 58,1%; nervosismo immotivato (57,8%). Ma anche nella “banale” mancanza di sonno (60%). E proprio sulla “mancanza
di sonno”, una delle cause che può determinarla è l’utilizzo serale e notturno di smartphone e computer, spesso a letto fino ad un attimo prima in cui decidono di cercare di addormentarsi, perché le stimolazioni luminose e la luce bianca/bluastra dei monitor risultano essere dei forti inibitori della produzione di melatonina che è l’ormone che ci fa addormentare.
“Difronte alla difficoltà a dormire – afferma Giovanni Biggio, Professore Emerito di
Neuopsicofarmacologia all’Università di Cagliari – se l’obiettivo strategico deve essere quello di
cercare ed agire sulle cause e gli stili di vita che determinano la situazione, si deve contestualmente intervenire tempestivamente anche sugli effetti, perché le conseguenze del dormire poco e male si manifestano molto velocemente: dalla stanchezza psicofisica al cattivo umore e alla facile irritabilità, dalla difficoltà nella concentrazione e nell’apprendimento alla perdita di memoria, all’alterazione della capacità decisionale, al calo di interesse per le attività
quotidiane. Melatonina (che ripristina e normalizza il “ritmo circadiano” veglia-sonno) e una integrazione a base di estratti di zafferano (che agiscono su irritabilità e cattivo umore) sono due rimedi totalmente naturali ed innocui che possono aiutare a gestire il problema”
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