La donna che ha diffuso il video dell’uccisione di Nahel ha deciso di parlare pubblicamente per la prima volta.
Preferisce restare anonima, anche se a dieci giorni dalla morte del 17enne per mano di un poliziotto, spiega di aver agito come avrebbe fatto qualsiasi altro cittadino e di aver semplicemente “compiuto il proprio dovere” e di sentire “la collera dei francesi”.
Il racconto della donna
La donna ha parlato con Bfmtv, un canale televisivo francese, ha 27 anni e ha raccontato che quel giorno era al lavoro a Nanterre quando, poco prima delle 9, una delle sue colleghe entra in ufficio e le racconta di aver assistito a una scena orribile: un colpo di arma da fuoco sparato da un poliziotto verso il conducente di un veicolo. La collega era sconvolta ed ha filmato la scena. “Quando vedo il video, lo trovo molto scioccante e grave. Non immaginavo che potesse accadere qualcosa di simile vicino al luogo in cui lavoro”. Così la ventisettenne si è chiesta se diffonderlo e come denunciare il fatto.
“Mi sentivo in imbarazzo a dover andare al commissariato con quel video. o lo so che i poliziotti fanno bene il loro lavoro, ma quando si vede questo e si conosce la prima versione fornita, che non rifletteva le immagini del video, penso di aver fatto bene a postarle”.
La prima versione diffusa dalla polizia, come ricorda Bfmtv, raccontava che l’agente aveva sparato perché il veicolo gli stava venendo addosso. La prima sintesi, visionata dall’emittente tv, raccontava: “Il funzionario di polizia si è piazzato davanti. Il conducente ha tentato di ripartire a gran velocità in direzione del funzionario”.
La ragazza ha deciso di postare il video sul suo profilo Twitter, perché sentiva il dovere civico di diffondere la verità e non avrebbe mai immaginato che sarebbero seguite cinque notti di violenze e proteste. “Posso sentire la collera dei francesi. Se non ci fosse stato il video, cosa sarebbe accaduto?”, si chiede.
“Ho fatto solo il mio dovere”
Nelle ore successive alla diffusione del video, la giovane ha ricevuto molti messaggi. “Io non desidero stare sotto i riflettori. Sono anche stata contattata dalla stampa internazionale. Penso di aver fatto unicamente il mio dovere. Non potevo fare come se fosse niente”. Né la ventisettenne né la sua collega sono ancora state ascoltate dagli inquirenti.