Gli ultimi giorni non sono stati facili per la Federazione russa, dopo il tentativo di ammutinamento di sabato da parte dei mercenari Wagner.
Le truppe si sono ritirate, Putin ha accusato il loro capo, Prigožin di aver tradito la patria, ma poi ha sminuito l’accaduto, dichiarando che Mosca sarebbe stata lo stesso in grado di fermare un colpo di Stato.
I mercenari sono stati prima indagati, poi le accuse sono state ritirate. L’Occidente legge la situazione come un momento di debolezza di Mosca. Ne abbiamo parlato in esclusiva con Claudio Bertolotti, ricercatore dell’Ispi. “Una premessa è doverosa: nei mesi passati Prigožin si è progressivamente scagliato contro i vertici militari, accusandoli di essere responsabili della cattiva condotta della guerra. Ha sempre attaccato Šojgu, il ministro della Difesa, e Gerasimov, il capo delle forze armate. Ma non ha mai attaccato Putin. In un certo senso questo ha lasciato capire che l’obiettivo di Prigožin fosse aiutare il Cremlino a trovare eventuali capri espiatori nel momento di massima crisi”, spiega Bertolotti.
“Qualora le cose fossero andate male, e non stanno andando benissimo, i due capri espiatori su cui far ricadere le responsabilità di una guerra condotta male sarebbero stati il ministro della Difesa ed eventualmente il capo delle Forze Armate, escludendo Putin. In un certo senso, lasciando intendere che il capo del Cremlino potesse essere d’accordo perché Prigožin non l’ha mai nominato prima di sabato. Oltretutto anche in quell’occasione ha fatto riferimento al presidente, senza nominare Putin”;
Cosa è cambiato sabato con il tentato ammutinamento?
“Ora è cambiata la situazione. Era in atto un processo per assimilare il gruppo Wagner sotto il Ministero della Difesa, che si sarebbe concluso il primo luglio col passaggio formale. Prigožin sarebbe stato di fatto esautorato dal ruolo di capo di questa organizzazione. Questa situazione per lui è inaccettabile, quindi, non avendo la possibilità di interloquire direttamente con Putin, ha deciso di giocarsi l’unico jolly che aveva in mano. Lo ha fatto, ancora una volta non scagliandosi contro Putin, ma seguendo una narrazione improntata sulla giustizia e sul sangue versato degli eroi russi insieme con i soldati regolari. Però ha perso tutto: per la prima volta Putin, che mai aveva condannato le parole di Prigožin, lo ha accusato di essere un sovversivo, un traditore della patria”;
Prigožin non sarà perseguito e potrà andare in Bielorussia..
“Il tutto si è concluso con pochi morti e danni limitati. Ma la decisione di Putin è stata avallare quella di Šojgu e assimilare il gruppo Wagner, di fatto dando a Prigožin la via d’uscita dell’esilio. Ma si è trattato di una via d’uscita sui generis”;
Cosa intende?
“Primo aspetto: sappiamo bene che gli oppositori e i personaggi scomodi, in Russia vengono fisicamente eliminati, in un secondo momento, lontano da casa. Prigožin è un uomo morto che cammina fino a che lo vorrà Putin. Secondo aspetto: lui resterà a capo di un’organizzazione che nel corso degli anni è stata impiegata come strumento della politica estera russa, in Medio Oriente, in Siria, in Nord Africa, in Libia, nell’Africa Centrale, Mali, Niger, Sudan, con una serie di interessi non solo politici, ma anche legati allo sfruttamento delle risorse energetiche e minerarie”;
Putin si fida ancora di Prigožin, al punto da affidargli compiti di politica estera?
“Bisognerà vedere come verranno gestite queste unità. Non sappiamo se verranno gestite da Prigožin. Possiamo immaginare che in questa situazione in sospeso, possa continuare a comandare il Gruppo Wagner, ma fino a che lo vorrà Putin. Ormai Prigožin ha perso tutto il potere, tranne quello economico, che è effimero perché il pagamento degli stipendi dei suoi soldati dipende anche dalle decisioni del Cremlino”;
Prigožin ha spiegato che quello di sabato non è stato un tentativo di ammutinamento, ma una protesta. Ha cercato di stemperare i toni o ha detto la verità?
“Prigožin ha tentato di fare quello che si è palesato di fatto come un ammutinamento. Poi si è reso conto che non avrebbe potuto portarlo a termine perché i numeri non glielo consentivano, il sistema non era dalla sua parte. Al di là dell’episodio a Rostov, dove la popolazione l’ha acclamato, non si sono uniti a lui unità militari in movimento verso Mosca. In più, è verosimile pensare che i suoi cari e quelli degli altri capi a lui subordinati del Gruppo Wagner siano stati presi in ostaggio e utilizzati come merce di scambio per contenere le manifestazioni di protesta e indurlo a più miti consigli”;
L’Occidente ha letto la situazione russa di questi giorni come un momento di debolezza del regime di Putin. È così?
“Sicuramente è un elemento di debolezza. Il fatto che un’unità armata possa permettersi di percorrere centinaia di chilometri e superare posti di blocco, abbattere aerei della Federazione russa, quindi minacciare la stessa capitale, è un segno di debolezza del sistema che non ha saputo contrastarlo da subito, o addirittura prima che si manifestasse. La risposta che ha dato Putin è stata un tentativo di limitare, almeno dal punto di vista comunicativo, questa debolezza, facendola passare come forza. Anche questa forma di esilio di Prigožin viene presentata come un atto di forza”;
Perché se i servizi Usa sapevano dell’intenzione del gruppo Wagner di fare un colpo di Stato, non hanno informato Kiev?
“Da quello che sappiamo da fonti aperte, i servizi Usa lo hanno detto a Kiev. Ma gli hanno anche detto di non approfittare della situazione, per non destabilizzare la Russia. Il pericolo più grande ora, non è la condotta militare o l’esito della guerra, ma l’eventuale caos che potrebbe generarsi nella Federazione, nel momento in cui Putin non fosse più saldo al potere con il suo entourage di colombe”;
Cosa potrebbe succedere?
“Paradossalmente, oggi Putin rappresenta ed è sostenuto dalla frangia delle colombe e cerca di contenere i falchi, che vorrebbero un’escalation della violenza anche con l’uso di armi non convenzionali”;
Putin gode o no del consenso della popolazione?
“Putin in questo momento è più debole di un anno fa. Lo è anche il suo sistema di leadership. Ma che sia più debole non vuol dire che sia incapace di gestire la situazione. Lo fa anzi, in modo efficace. Il pericolo vero, e questo l’Occidente lo sa, è che il sistema russo non ce la faccia. Il motivo per cui gli Usa danno aiuti col contagocce è per non consentire all’Ucraina di ottenere una vittoria schiacciante sul campo di battaglia, perché questo porterebbe a un cambio di regime in Russia e non lo si vuole. Perché il rischio sarebbe, nella migliore dell’ipotesi, il consolidamento del potere dei falchi. Nella peggiore delle ipotesi invece, il caos: la transizione potrebbe non essere morbida, ma portare con sé conflittualità interne e il collasso della Federazione russa”.