Mosca, per la prima volta dall’inizio della guerra, è sembrata agli occhi del mondo in grande difficoltà. I dubbi su Putin: “E’ scappato”, gridano dall’Ucraina
Per 24 ore ha avuto i riflettori dell’intero mondo puntati su di lui. Yevgeny Prigozhin, il leader della Brigata Wagner ha tenuto sotto scacco l’intero esercito russo, gettando Vladimir Putin ed il Cremlino in una crisi che potrebbe avere forti ripercussioni nel proseguimento della guerra e modificare la leadership dell’attuale capo del Cremlino.
Al termine di settimane intense, ricche di tensioni tre Prigozhin e la Russia, nelle ultime 24 ore il mondo ha assistito ad una vera e propria prova di forza della Brigata Wagner. Prima Prigozhin ha accusato l’esercito russo di aver bombardato i campi base del suo gruppo e di aver ucciso “un gran numero” di suoi uomini. Poi ha invocato una rivolta contro il comando militare russo, affermando di avere 25.000 combattenti, e chiedendo l’appoggio e la partecipazione di “chiunque voglia a unirsi a noi”. Infine la marcia, lunga, rumorosa, che lo ha portato fino a 200 km da Mosca.
Mentre il sindaco della capitale russa invitava la gente a non uscire di casa e Putin dichiarava di “essere stato pugnalato alle spalle”, Prigozhin avanzava, lanciando messaggi chiari. I servizi segreti russi avevano intanto aperto un procedimento contro di lui per “appello all’ammutinamento armato” chiedendone l’arresto. L’avanzata della Wagner (ribattezzata “marcia per la Giustizia), ha avuto dell’incredibile ed ha sollevato più di un interrogativo. Molti si chiedono se si sia trattata della mossa (spudorata) di un singolo o di un’azione dimostrativa realizzata da un gruppo che aveva alle sue spalle dei poteri superiori? Sono in pochi a pensare che Prigozhin abbia portato avanti un’impresa suicida. Molto più concreta l’ipotesi che la sua avanzata avesse un altro scopo.
Cosa c’era dietro la mossa di Prigozhin?
Arrivato a 200 km da Mosca Prigozhin si è ritirato: “Torniamo indietro per non spargere sangue”, ha dichiarato il leader della Wagner. Cosa lo ha fermato? Ha ottenuto qualcosa in cambio o ha solo portato a termine un’iniziativa mediatica studiata a tavolino? E soprattutto… Vladimir Putin che ruolo ha giocato? Dopo aver parlato alla nazione ( “Il gruppo Wagner ha pugnalato la Russia alla schiena. Difenderemo il nostro popolo e il nostro Stato da qualsiasi tradimento interno come quello con cui abbiamo a che fare oggi”) è sparito dai radar. Ha lasciato al presidente bielorusso Alexander Lukashenko il ruolo di negoziatore. Quest’ultimo ha affermato di aver negoziato con Prighozhin “lo stop ai movimenti” delle truppe di Wagner, stando a quanto diffuso via Telegram, e che il capo della milizia ha accettato. Parole diffuse prima della comunicazione ufficiale del leader della Brigata Wagner.
Dov’era finito Putin?
Ma di Putin non c’era traccia. L’Ucraina lo ha accusato di aver lasciato Mosca e di aver preso il volo a bordo di un aereo decollato dall’aeroporto Vnukovo di Mosca e diretto a San Pietroburgo prima di sparire dai tracciati radar. “Tutte bugie, il Presidente lavorava al Cremlino normalmente”, ha detto il suo portavoce Dmitry Peskov. Fatto è che mentre Prigozhin avanzava e continuava a lanciare messaggi mediatici, Putin non rispondeva, nè attraverso comunicati o dichiarazioni ufficiali, nè con azioni concrete. Cosa è realmente successo? Tante le ipotesi: molti sono convinti che tra le richieste della brigata Wagner ci fosse l’allontanamento dell’odiato ministro della difesa Shoigo e che Lukashenko si sia adoperato per accontentarlo. Per altri esperti si è trattato di un’azione dimostrativa per lanciare un chiaro messaggio a Putin. Altri ad una mobilitazione generale, altrimenti difficile da far digerire alla popolazione, oppure alla possibilità per lo stesso Putin di presentarsi – agli occhi dei russi ma anche di tutto il mondo – come il vero leader moderato capace di tenere a freno le spinte estremiste.
Fatto è che Mosca non è stata mai così sola e spiazzata dall’inizio del conflitto, tanto da portare l’Ucraina a ipotizzare un rovesciamento di Putin. “La debolezza della Russia è evidente, è debolezza su vasta scala”, ha esultato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Con Prigozhin si è schierato apertamente anche Denis ‘White rex’ Nikitin, capo del Corpo dei volontari russi, organizzazione armata russa che combatte con le forze ucraine e ha rivendicato nei mesi scorsi incursioni in territorio russo. “Io faccio sinceramente il tifo per la missione di Prigozhin perché già da tempo ho detto che il regime sanguinario del Cremlino può essere abbattuto solo in un modo, solo con una sommossa armata“, aveva affermato Nikitin. Sulla stessa linea anche Mikhail Khodorkovsky, oligarca russo che è fuggito a Londra dopo aver trascorso dieci anni in carcere per aver accusato Putin