Dopo la finale di Europa League tornano le scritte in città. Il figlio Gabriele in esclusiva a Ricercaitaliana.it: “Non ho più parole. Ho passato dei giorni assurdi”
Lo sfottò si trasforma in insulto. Le prese in giro che da sempre caratterizzano l’ambiente romano, lasciano spazio all’ennesimo, vergognoso attacco contro chi ha subito una tragedia. Ancora una volta, una parte dei tifosi della Roma attaccano e infangano la memoria di Vincenzo Paparelli. Un semplice tifoso, un padre di famiglia, che venne ucciso in un derby di 44 anni fa. E lo fanno in modo diretto, nel silenzio generale. Senza che nessun componente delle istituzioni, della politica o dello spettacolo si indigni o prenda posizione.
Dopo la sconfitta della Roma nella finale di Europa League contro il Siviglia, si è scatenato lo sfottò in città: mentre i tifosi giallorossi si leccavano le ferite e se la prendevano con il direttore di gara inglese Taylor, i laziali ne approfittavano per festeggiare la sconfitta dei rivali storici con slogan, sfottò e striscioni. Come nella più classica delle tradizioni romane. Ma come troppe volte accade, soprattutto quando sono i tifosi giallorossi ad essere oggetto delle prese in giro, molti preferiscono abbandonare la goliardia e rispolverare gli insulti di un tempo. Contro un padre di famiglia, che venne barbaramente ucciso in un derby.
Quella che dovrebbe essere una pagina triste, vergognosa e da dimenticare, si trasforma in un motivo di vanto per qualcuno. In città spuntano come funghi le scritte contro Vincenzo Paparelli, in risposta alle prese in giro dei tifosi laziali. Come se inneggiare all’uccisione di un uomo, rappresenti un qualcosa di cui andare fieri. Il 28 ottobre del 1979 un razzo lanciato dalla Curva Sud, colpì in pieno volto Vincenzo Paparelli, uccidendolo sul colpo. L’uomo aveva trenta tre anni, una moglie, due figli, un’attività che gestiva con il fratello: una famiglia semplice, unita e che guardava al futuro con ottimismo. Ma quel razzo cancellò tutto.
Le nuove scritte apparse in città: “Non ho più parole”
Nei giorni, molti tifosi della Roma hanno infangato la sua memoria, rispondendo alle scritte dei laziali post Budapest, con slogan che inneggiavano alla sua morte. “31/5, se tirava Tzigano era centro assicurato“ una delle scritte comparse sui muri della capitale. Tzigano, è il soprannome di Giovanni Fiorillo, il ragazzo che sparò il razzo dalla Curva Sud e che uccise Vincenzo Paparelli il 28 ottobre del 1979. L’ho vista purtroppo, stiamo cercando di intercettarla per rimuoverla. Si sono mosse un po’ di persone per capire dove sia”, dichiara in esclusiva per Ricerca Italiana.it Gabriele Paparelli, figlio di Vincenzo. “Non ho più parole, sono due giorni che mi sta arrivando di tutto sui social, addirittura la bara di mio padre. Cose che non riesco a capire come si possano solo pensare. Avrò ricevuto una quindicina di messaggi e insulti vari sui social, in più è uscita questa scritta stamattina, è la ciliegina sulla torta“.
Ieri, 4 giugno, era l’anniversario della morte di Antonio De Falchi, tifoso giallorosso rimasto ucciso a Milano poco prima di una sfida tra i giallorossi e il Milan. Ieri mattina Gabriele aveva dedicato un post sui social alla sua memoria. “Ho scritto ‘almeno tu riesci a riposare in pace, al contrario di mio padre’. Ci sono delle forme di rispetto che non andrebbero mai oltrepassate. Parliamo di un ragazzo di 33 anni morto allo stadio. Credo che ci siano tanti argomenti per prendersi in giro. A Roma è bello lo sfottò, ci campiamo con questo. Però insultare un morto non è più sfottò, è qualcosa che va oltre l’essere normali“. Una situazione che purtroppo, va avanti ormai da troppi anni. “Io ho provato a fare querele, ma vanno tutte in cavalleria, non ho mai ottenuto nulla. Bisognerebbe crescere sotto questo punto di vista, i social fanno parte della nostra vita, andrebbero controllati con un po’ più di attenzione. Almeno per quanto riguarda questo tipo di insulti“.