Un detenuto a Terni è morto intossicato a causa del fumo di un incendio in cella che lui stesso aveva appiccato.
Si tratta di un 35enne originario del Nord Africa, in carcere per reati connessi alle sostanze stupefacenti. Sull’accaduto sono in corso le indagini della polizia penitenziaria di Terni, coordinata dalla Procura locale.
Se si sia stato un altro suicidio in carcere, lo stabiliranno gli investigatori, ma proprio ieri l‘Associazione Antigone, per i diritti e le garanzie nel sistema penale, ha pubblicato il rapporto “È vietata la tortura – XIX Rapporto di Antogone sulle condizioni di detenzione“. Ne abbiamo parlato con Sofia Antonelli, ricercatrice e difensore civico dell’associazione.
Ci parli dei numeri
“Negli ultimi anni si sono registrati dati alti rispetto alla media dei suicidi in carcere. L’anno scorso è stato in assoluto quello col numero più alto di sempre”;
Cosa intende per “sempre”?
“Per sempre intendiamo gli ultimi 30 anni, cioè da quando abbiamo i dati ufficiali che tracciano il fenomeno. Nel 2022 ci sono stati 85 suicidi in carcere. Nel 2021 sono stati 57, mentre nel 2020, 61. Nel 2019, 53. Ma più che parlare del numero in termini assoluti, per descrivere l’ampiezza del fenomeno, dobbiamo relazionare i decessi con la media della popolazione detenuta in quell’anno. Il tasso dei suicidi, nel 2022 è stato il più alto di sempre, con 15,4 casi ogni 10mila persone detenute. Si tratta del valore più alto dal 2001, quando si erano registrati 12,5 casi. Nella società libera nel 2019 questo dato è stato di 0,67 casi ogni 10mila persone: il numero dei suicidi in carcere è di 23 volte maggiore”;
Avete fatto un identikit delle persone che si suicidano in carcere?
“Andando oltre i numeri, abbiamo analizzato le biografie, soprattutto grazie all’analisi del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute. Delle 85 persone decedute in carcere, 8 erano uomini e 5 donne. Il numero delle detenute è alto se pensiamo che la popolazione femminile è pari al 4% di quella totale. Inoltre nel 2021 solo una donna si è tolta la vita in carcere, così come nel 2020. Nel 2019, nessuna”;
Di che nazionalità sono?
“49 detenuti erano italiani, 36 stranieri. 20 di questi erano senza fissa dimora. E questo fa emergere la condizione di fragilità e marginalità di queste persone. Quasi la metà degli stranieri proveniva dal Marocco”;
Qual è l’eta media?
“La fascia di età più rappresentata è quella tra i 26 e i 39 anni. La persona più giovane aveva 20 anni, la più anziana 71″;
Come sono invece, i numeri di quest’anno?
“Quest’anno sono ancora alti, e l’anno non è ancora finito. Attualmente, rispetto allo stesso periodo del 2022, c’è stato qualche caso in meno. A maggio dello scorso anno erano 26-27, a maggio di quest’anno siamo a 24 casi di suicidi accertati. Due di questi hanno colpito particolarmente perché avvenuti in seguito a scioperi della fame nel carcere di Augusta”;
Cosa spinge i detenuti a suicidarsi in carcere?
“È impossibile generalizzare, ogni suicidio ha una storia a sé. Sicuramente diciamo da sempre che il carcere accoglie persone con fragilità e situazioni di marginalità sociale, sofferenza e problematiche psichiatriche, quindi in condizioni di sofferenza. Molto spesso quindi, non è un luogo idoneo per gestire queste sofferenze. Alcune volte non riesce a intercettarle. Quando ci riesce, non è il posto adatto a trattarle”;
Come si traduce questo, in numeri?
“L’80% di queste 85 persone erano state coinvolte in eventi di autolesionismo e altri critici. 28, avevano già tentato il suicidio in carcere quindi erano in situazioni allarmanti e sotto sorveglianza. Almeno 11 erano affette da patologie psichiatriche certificate. Molte poi, come raccontiamo nel report, si tolgono la vita dopo una breve permanenza in carcere, nei primi 6 mesi di detenzione”;
Chi ha problematiche psichiatriche non avrebbe recluso altrove?
“Come detto, sicuramente molto spesso il carcere viene identificato come luogo anche se non è quello giusto, perché non è in grado di gestirle. Spesso le persone arrestate vengono recluse lì per mancanza di luoghi, o perché senza domicilio, oppure perché difficoltà economiche eccetera. 32 persone erano ancora in attesa di giudizio, non ancora condannate”;
Come vengono seguite in carcere i detenuti con problemi psichiatrici?
“Sicuramente in carcere c’è una carenza di psicologi e psichiatri. Nelle nostre 100 visite effettuate nel 2022, abbiamo rilevato che le ore settimanali di servizio degli psichiatri erano in medi 8,75 ogni 100 detenuti. Gli psicologi invece, 18,5. Sempre nel 2022, emerge che le diagnosi psichiatriche gravi sono circa 9 ogni 100 detenuti (il 10%). I detenuti che assumono terapie psico-farmacologiche come gli stabilizzanti dell’umore sono quasi il 20%. Il 40% invece, assume sedativi o ipnotici. Ciò significa che l’uso dei medicinali viene disposto in maniera frequente per ovviare all’impossibilità di intraprendere percorsi più strutturati. Mentre c’è una presenza alta di diagnosi psichiatriche”.
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